di ANTONIO LUDOVICO
Il grande Gianni Brera diceva che la partita di calcio è una lunga trama il cui epos viene immediatamente colto nei suoi aspetti più evidenti e comuni. Ed in questa lunga trama, non v’è dubbio alcuno che un protagonista assoluto sia il portiere, il difensore estremo, il guardiapali, ruolo ingrato perché a rischio, una sorta di eroe solitario che sbagliare non può.
Nella lunga storia del Catanzaro, il tifoso più accorto sa bene che furono tantissimi i portieri che si avvicendarono a guardia di una difesa di una squadra che una volta veniva definita provinciale, da Pozzani a Zaninelli, da Zunico a Cervone, ma probabilmente quello che rimase più impresso nella mente degli aficionados dalla memoria lunga fu Giorgio Pellizzaro.
Mantovano di nascita, ma poi bresciano di adozione, il "Pellizza", così come simpaticamente lo chiamava Luisito Suarez nella Sampdoria, quando scese nella città dei tre colli nel 1974, lo fece per giocare da titolare, visto che a Genova, sponda doriana, il posto era occupato da Pietro Battara e riuscì in pochissimo tempo ad entrare non solo nel cuore dei tifosi giallorossi, ma a garantire quella sicurezza di cui la squadra di Gianni Di Marzio aveva bisogno in un campionato difficile come la serie B.
Furono anni di trionfi, tantissime vittorie, soprattutto in casa, scalate nella massima serie, e molteplici parate. Anche gli smemorati e i distratti ricordano come la caratteristica importante di Pellizzaro fosse una plasticità ed una prontezza tra i pali incredibile, unita ad uno stile sobrio ed elegante; il suo punto debole le uscite dai pali, ma , credetemi, sbrogliò diverse situazioni complicate, garantendo sicurezza a tutto il reparto.
Quel Catanzaro fu un miracolo sportivo ed un riscatto sociale per tutto il sud, la Calabria intera era giallorossa e l’intera regione faceva il tifo per la squadra del Presidentissimo Nicola Ceravolo. Ma quale fu il segreto di tanti successi?
Non ci crederete, ma furono le mogli, donne di rara intelligenza, amiche allora e amiche oggi (così come ebbe a dire il grande portiere nel corso di un’intervista)nelle quali non vedevi mai un’ombra di gelosia o invidia.
Tutte facevano a gara per tenere unito quel gruppo che conquistò la serie A nel grandissimo campionato 1975/76, come ad esempio la signora Braca che il giovedì sera invitava tutti a casa a mangiare il pesce.
E Pellizzaro, di quel gruppo coeso era il guardiano sicuro, il custode fedele di una porta che rimase a lungo immacolata, anche grazie ai suoi voli d’angelo da un palo all’altro che gli valsero l’affetto di una piazza intera.
Ma lui non fu da meno in quanto ad affetto: prese casa a Costaraba, lungo la costa jonica, fece i bagni a Caminia e passò quattro stagioni indimenticabili che cementarono il suo legame con la gente di Calabria per diversi anni. Legame che gli consentì anche di assicurarsi una gloriosissima carriera post agonistica, come preparatore dei portieri insieme all’amico di sempre Claudio Ranieri, altra colonna di quel Catanzaro dei miracoli.
Da Zubizzareta a Canizares, da Julio Cesar a Buffon, senza dimenticare le grandi mani di Toldo, il buon "Pellizza" ha allenato i migliori portieri al mondo, distinguendosi sempre per serietà e competenza, fino a compiere il risultato che lo ha portato negli annali di sempre, la vittoria della Premier con il piccolo Leicester (nel quale, ad onor del vero, cominciò la stagione, ma dovette poi abbandonare per un infortunio al ginocchio).
Storie che fanno bene al calcio, che mettono i brividi, che fanno capire che qualche volta i sogni possono tramutarsi in realtà, anche se si parte da una piccola provincia alla periferia del mondo come Catanzaro.
Ed in quel trionfo, come sottolineato più volte da mister Ranieri, c’è tanto Catanzaro. Nella mente, ma soprattutto nell’anima.
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