In esclusiva ai nostri microfoni, Stefano Dall’Acqua, ex attaccante della Reggina, lanciato nelle giovanili della società amaranto, con la quale esordì in Serie A, collezionando complessivamente due reti in sedici presenze . Nel corso della sua carriera, Stefano ha dimostrato di saper far goal in tutte le categorie, dove ha indossato diverse maglia dal Nord al Sud del Paese. Oggi all’età di quasi 39 anni, ha appeso da qualche anno gli scarpini al chiodo a causa di un grave infortunio al ginocchio, ma segue ancora con molto interesse le sorti della sua Reggina. L’ex ariete veneto, si è detto felice nel rivedere la formazione amaranto tornare nel calcio che conta dopo alcuni anni bui, oltre a ricordare con piacere i suoi anni vissuti in riva allo Stretto.
Ciao Stefano, che ricordi hai dei tuoi anni trascorsi da giovanissimo con la maglia della Reggina?
“Arrivai a Reggio giovanissimo, precisamente a 15 anni,ero stato preso per giocare negli Allievi della Reggina, ma fisicamente ero ben messo e mi aggregarono subito alla Primavera. Non posso dimenticare il giorno, quando il direttore Martino venne a parlare con i miei genitori, mia madre pensava che mi dovessi trasferire a Reggio Emilia invece poi il direttore gli spiegò che si trattava di Reggio Calabria (sorride). All’inizio fu tosta, eravamo 6 o 7 ragazzi provenienti dal Veneto, mentre la maggior parte erano calabresi o siciliani, quindi a differenza nostra avevano più possibilità di poter tornare a casa tutte le volte che ne avevano la possibilità. Noi invece eravamo costretti a dover stare parecchi mesi lontani dalle nostre famiglie, però era bello quando venivano i genitori dei nostri compagni calabresi, che portavano tanto ben di Dio, sai quante mangiate (sorride). A Reggio ho tanti bei ricordi, soprattutto quando sono tornato dopo qualche anno in prestito, ho vissuto poi una bell’annata in Serie A. In quella stagione fui anche convocato dalla Nazionale Under 21, in occasione della sfida contro la Danimarca che valeva la qualificazione agli Europei. La gioia più grande è stato il mio primo goal in A al Granillo, dopo che in quello stadio ho fatto il racchetta palle. In quella stagione ero praticamente la riserva di Bonazzoli, attaccante fortissimo da cui ho imparato molto. Avevamo una bella squadra, riuscimmo comunque a salvarci, ma credo che avremmo potuto anche chiudere quel campionato nella parte sinistra della classifica”.
Se non erro tu sei passato da centrocampista a attaccante, per caso o meglio per necessità, un cambio di ruolo che ha dato una svolta alla tua carriera. Come è nato il tutto ?
“Io infatti nasco come centrocampista, poi accadde che l’attaccante della Primavera, Cinoffo, si infortunò e provarono a sostituirlo con me. Forte della mia altezza e di un buon sinistro, mostrai da subito le mie qualità, tanto che il direttore Martino mi disse, tu da ora in poi giocherai attaccante e da quel momento fu definitivamente questo il mio ruolo”.
Quali sono stati gli allenatori dai quali hai imparato tanto ?
“A livello giovanile, sicuramente Claudio Terzulli, mi ha insegnato davvero tanto, mentre sono molto grato a mister Colomba per avermi dato la possibilità di esordire in Serie A. Non dimentico altri bravi allenatori che ho avuto in altre squadre, come Pioli a Grosseto e Maran a Cittadella, quest’ultimo per me è stato come un padre, infatti ero certo che avrebbe fatto carriera come poi è successo. Sono quegli allenatori che hanno grandi dote umane e di conseguenza tu giocatore giochi anche per loro, senza mai risparmiarti”.
Nel corso della tua carriera hai fatto goal in tutte le categorie. Oggi hai quasi 39 anni e hai appeso gli scarpini al chiodo, quando avresti potuto ancora essere protagonista, magari in serie minori o a livello dilettantistico. Come mai hai deciso di smettere?
“Purtroppo ho subito un grave infortunio al ginocchio destro, praticamente distrutto, poi io ho anche una stazza importante, quindi non è semplice recuperare. Alla fine ho preferito dare priorità al lavoro e alla mia famiglia, anche se non ti nascondo che mi piacerebbe allenare, già in molti me lo hanno chiesto, perciò staremo a vedere”.
Tornando a parlare di Reggina, sei contento di rivedere gli amaranto vincenti ?
“Ho visto in tv la gara casalinga contro la Ternana, ed è stato bellissimo vedere il Granillo nuovamente gremito dopo che per alcuni anni si era perso l’entusiasmo. Sono contento per la mia Reggina, anche se non mi aspettavo un dominio così netto in un girone davvero difficile, ma stramerita di andare in B. Poi quando hai giocatori di esperienza e grande qualità come Denis e Reginaldo, con il quale ho giocato a Treviso, è chiaro che in questa categoria fanno la differenza. Bravo anche Toscano, allenatore che sa come vincere questi campionati. Reggio merita importanti palcoscenici”.
Per concludere, sta tenendo banco la questione legata alla ripresa o meno dei campionati, giustamente fermati dall’avvento di questa emergenza sanitaria. Tu che idea ti sei fatto a riguardo?
“La mia opinione è che ci sono tanti fattori contro, ma sono certo che troveranno il modo di ripartire perché ci sono in ballo troppi interessi. Se pensiamo che il calcio è la quarta industria del Paese, in quanto a fatturato, anche perché non bisogna considerare soltanto i giocatori. All’interno di una società lavorano tante figure, le quali è un problema se non riescono a percepire lo stipendio. Il bello di giocare a calcio è vivere lo spogliatoio, poi quando giochi in campo non pensi al fatto che potresti essere contagiato. Un altro problema è la gestione delle trasferte, quindi alloggiare in un hotel dove non sai se il personale che lavora all’interno è contagiato o meno. Credo comunque che soltanto la Serie A ha possibilità di poter ripartire, dubito invece che ci riescano nelle categorie inferiori”.
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