In esclusiva ai nostri microfoni, Karel Zeman, figlio d’arte e tecnico molto preparato, reduce dalla salvezza raggiunta alla guida dei lucani del Lavello in Serie D girone H. Tra i trascorsi di Karel c’è anche la Reggina, dove in parte ha contribuito alla rinascita degli amaranto. Zeman conserva bei ricordi di quella sua annata (2016/2017) in riva allo Stretto, sfiorando per un solo punto la zona play off nel campionato di Lega Pro.
Salve mister, che ricordi conserva di quella sua annata alla guida della Reggina?
“Conservo ricordi straordinari, Reggio è una piazza unica ed è stata un’esperienza unica. Iniziammo a programmare la stagione in ritardo, perché eravamo in attesa del ripescaggio in Lega Pro. Grazie al diesse Gabriele Martino,grandissimo professionista , la squadra fu allestita in poco tempo ma non avevamo avuto la possibilità di svolgere una preparazione precampionato in maniera adeguata, infatti non disputammo un girone d’andata entusiasmante ma ci riscattammo nel ritorno dove avevamo fatto 30 punti e per un solo punto non riuscimmo a centrare la zona play off. La società mi era stata sempre vicina anche nei momenti difficili e non fu un caso che poi riuscimmo a fare bene in seguito. Sono contento di rivedere oggi la Reggina in Serie B, in piccolissima parte ho contribuito anche io alla rinascita degli amaranto visto che proprio in quella stagione tornammo nei professionisti”.
Riguardo le altre formazioni calabresi, come reputa la loro stagione?
“La Reggina è riuscita a salvarsi e mi auguro che possa essere ancora protagonista in Serie B. Dal Cosenza non mi aspettavo una stagione così sofferta ad essere sincero, ma alla fine sono riusciti comunque a centrare l’obiettivo salvezza. Riguardo il Crotone, nessuno si aspettava la seconda retrocessione consecutiva, ora dovranno essere bravi a costruire, perché la Lega Pro non è un campionato facile. Il Catanzaro ogni anno spende tanto senza riuscire a fare il salto di categoria, per loro sfortuna trovano sempre una squadra imbattibile, speriamo che nella prossima stagione ci possano riuscire”.
Parlando della categoria degli allenatori e non solo, cosa ne pensa del fatto che la gavetta non venga da tutti?
“I motivi sono noti del perché la gavetta non vale per tutti. Alcuni giocatori trovano subito panchina appena smettono di giocare solo per il fatto di essere rimasti in buoni rapporti con presidenti, dirigenti o procuratori, che gli consentono di avere una corsia preferenziale mentre altri devono sudare senza avere la certezza di arrivare in alto. Per non parlare di quella categoria di allenatori che riescono a trovare squadra attraverso le sponsorizzazioni. Il vero problema è che non esiste la meritocrazia, lo stesso vale nei giocatori: oggi un giovane gioca perché lo impone un regolamento non per merito e così le società incassano i contributi per il minutaggio effettuato da questi ragazzi, i quali non tutti dimostrano di essere pronti e non è un caso che la gran parte poi si perdono nelle categorie dilettantistiche o addirittura smettono di giocare. Tutto questo porta l’intero movimento a non crescere, poi non dobbiamo stupirci se non andiamo ai Mondiali. Se non cambiano le cose è difficile sperare in un futuro roseo per il calcio italiano”.
Riguardo il suo futuro cosa bolle in pentola?
“Sogno di tornare ad allenare nel professionismo, credo di meritarmelo dopo tanto lavoro e anche perché mi sento pronto per poter dire la mia. Ritengo che i miei metodi di lavoro siano più adatti per il calcio professionistico che per quello dilettantistico”.
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